Biagio De Giovanni. Verso la costituzione postnazionale?

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Quando questo libro è stato scritto si immaginava che lo sviluppo alla comprensione alla Costituzione europea, nonostante le difficoltà, potesse essere un poco più fluido; ma proprio in questo libro se c’è un testo che sollevava delle questioni, dei nodi, dei problemi che sono emersi e che hanno dimostrato che la cosa era tutt’altro che fluida è proprio il testo di Biagio De Giovanni. Insomma, i nodi si sono manifestati più forti delle intenzioni, i nodi politici sono resistenti e le intenzioni si sono rivelate solo intenzioni. Intanto, visto che si parla di Costituzione europea, di superamento degli stati nazionali, di una Costituzione sovra nazionale, bisognerà vedere cosa vuol dire Costituzione sovra nazionale, come si può fare una Costituzione sovrana sovra nazionale tenuto conto che la nazione è un territorio e che le costituzioni sono sempre state territoriali e la sovranità è sempre stata territoriale. E qui c’è il primo nodo: come facciamo a fare una Costituzione sovra nazionale, qual è il suo territorio?

Biagio De Giovanni. Verso la costituzione postnazionale?

1. leggi il testo dell’introduzione di Salvatore Natoli

2. la trascrizione della relazione di Biagio De Giovanni non è disponibile

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introduzione di Salvatore Natoli – relazione di Biagio De Giovanni

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Testo dell’introduzione di Salvatore Natoli a Biagio De Giovanni

Io, anche personalmente, ringrazio De Giovanni di essere venuto con noi e sicuramente avremo una mattinata molto importante dal punto di vista della riflessione su una situazione difficile. Difficile perché quando questo libro è stato scritto si immaginava che lo sviluppo alla comprensione alla Costituzione europea, nonostante le difficoltà, potesse essere un poco più fluido; ma proprio in questo libro se c’è un testo che sollevava delle questioni, dei nodi, dei problemi che sono emersi e che hanno dimostrato che la cosa era tutt’altro che fluida è proprio il testo di Biagio De Giovanni. Insomma, i nodi si sono manifestati più forti delle intenzioni, i nodi politici sono resistenti e le intenzioni si sono rivelate solo intenzioni.

Intanto, visto che si parla di Costituzione europea, di superamento degli stati nazionali, di una Costituzione sovra nazionale, bisognerà vedere cosa vuol dire Costituzione sovra nazionale, come si può fare una Costituzione sovrana sovra nazionale tenuto conto che la nazione è un territorio e che le costituzioni sono sempre state territoriali e la sovranità è sempre stata territoriale. E qui c’è il primo nodo: come facciamo a fare una Costituzione sovra nazionale, qual è il suo territorio?

Ma c’è una complicazione ancora più grande perché il sovra nazionale si inserisce in una dinamica che è globale. E in questi anni, in modo crescente, i processi di globalizzazione si sono ulteriormente sviluppati e ci sono stati, diciamo, almeno tre fattori significativi che hanno modificato la scena, o intensificato la drammaticità del problema.

Per prima cosa possiamo dire che è una costante che parte da lontano. Molti di noi avevano intravisto, come molti osservatori, che è lo sviluppo crescente dell’area dell’estremo oriente, cioè Cina ed India. Questo è un elemento fondamentale che, addirittura, come tendenza, precedeva la stessa fine dell’Unione Sovietica. Già c’erano delle premesse in questa direzione e poi invece si è sviluppato in un modo vertiginoso in questa grande area geopolitica CinaIndia.

L’altra cosa importante che è avvenuta è la guerra in Irak e la questione islamica. Allora qui, non è oggetto della nostra discussione di oggi, ma dobbiamo tenerne conto. Certamente è stata fatta la guerra in Irak perchè è un’area di grande stabilizzazione economica, però i mercati del petrolio non riguardavano tanto gli USA quanto la grande area del petrolio che si apriva ad Est e quindi i mercati finanziari molto forti. Non solo, ma bisognava occupare quest’area intermedia del così detto medio-oriente a fronte di una forza crescente e irrefrenabile. Bisogna veder quanto nella guerra contro l’Irak non ci sia nello sfondo una nuova idea di bipolarizzazione del mondo che è lo spazio appunto medio orientale. Perché lì c’è una politica, l’Islam è ancora una dimensione molto mobile, come andrà a finire? Lì ci sono Stati che si definiscono un po’ più che prepotenti.

E la terza cosa che è stata già indicativa di una crisi molto profonda è che l’Europa di fronte a questo sviluppo geopolitico si è trovata spaccata. Nella guerra in Irak l’Europa non è stata unità. In un grande momento, un grande appuntamento storico, convenzione, costituzione, unità, nel momento in cui si doveva presentare un’Europa unita, significativamente, nel momento fondamentale della decisione sulla guerra, l’Europa si è sfaldata. E ne è uscita fondamentalmente ridimensionata e sconfitta. E anche tuttoggi su questo tema si va a drappelli separati.

E la conferma di questa fase, non dico abortiva, comunque rallentata dell’Unione Europea si è avuta in modo decisivo con lo smacco della non approvazione della Costituzione da parte della Francia, con la dimensione sempre più periferica dell’Inghilterra. C’era un momento in cui pareva che l’Inghilterra si volesse avvicinare e probabilmente anche l’Inghilterra, come è avvenuto già a livello di area economica, se non entrando, comunque si sarebbe approssimata all’Europa continentale. Invece la guerra ha ulteriormente aggravato questa divisione e qui la Costituzione si sfalda, prima ancora che attraverso la disapprovazione dei cittadini nella povertà, nella nullità dell’Europa nel momento decisivo dello scacchiere della geopolitica mondiale.

Non c’è stato. Ma come si può parlare di una Costituzione europea nel momento in cui l’Europa avrebbe dovuto essere determinante come momento di mediazione politica, anche nella direzione, e torneremo dopo sul tema, di una proposta di non guerra. Come dire, unita nel senso di una produzione di democrazia che non passi attraverso la guerra, e questo dovrebbe essere nella Costituzione europea il tratto fondamentale. Anzi gli articoli primi della Costituzione sono una specie di pax perpetua, c’è un impianto con obbiettivi kantiani, che sostanzialmente devono promuovere la pace nel mondo. Anzichè decidere la sovranità in termini di amico-nemico, promuovere la pace nel mondo. Ecco, qui abbiamo visto che neanche su questo terreno l’Europa non è stata presente.

A fronte di questi fenomeni di blocco, di stand by, qualcosa è successo e anche succede qualcosa di irreversibile: i processi economici di integrazione e di scambio si sono accresciuti e ritengo che siano cresciuti a livello irreversibile. Però qui c’è un problema importante da porre: l’integrazione economica è cresciuta, ma è cresciuta non solo a livello europeo, ma a livello mondiale. E quindi, se per un verso l’integrazione economica ci lascia immaginare una unità europea, per l’altro verso è proprio l’integrazione economica che la fa saltare. Perché nei processi di finanzializzazione lo spazio non è più europeo ma è il mondo. Quindi quell’elemento, l’area dell’Euro che si allarga, che pare sia competitiva anche con l’area del dollaro, almeno in questo c’è l’Europa. Però in termini di transazioni finanziarie nel grande mercato mondiale quella che sembra un’area pressoché unificata entra nel gioco finanziario che è mondiale. Quindi quello che ci dovrebbe far pensare che si va verso l’Europa, è proprio quello ci fa supporre che anche su questo terreno la mobilità del capitale mondiale fa dell’Europa uno spazio di transito.

Però quanto meno a livello microeconomico delle interazioni ci sono. E gli scambi sono scambi finalizzati ed esigono, questo sì, e qui gli Stati c’entrano, già una forma di legislazione. Infatti proprio per quanto riguarda le politiche delle economie e gli scambi non c’è la costituzione però già c’era un’Europa dei trattati economici e dei trattati finanziari, e questa trattatistica inevitabilmente cresce perchè in effetti il sistema degli scambi e della ricchezza deve essere in qualche modo regolato.

Questo è il quadro geopolitico. Io mi limiterò ad enucleare i temi che De Giovanni affronta in questo suo testo e poi a porre le questioni su cui poi si apre la nostra discussione.

Il primo tema: si può parlare di Costituzione senza sovrano, senza sovranità? La sovranità nella sua forma classica, come dicevo prima, è territoriale, almeno nel modo in cui si è formulata nella modernità. Il sovrano non esiste senza territorio. È sovrano sul territorio.

Secondo punto. La nozione di sovranità si lega, nello ius publicus europeus, a una nozione, per molti versi estensiva della sovranità stessa, che è quella della guerra, non nel senso che si debba fare la guerra, ma c’è un territorio rispetto a cui c’è un altro territorio sovrano e c’è una possibilità di conflitto, l’hostis, e quindi il sovrano decide, questo è importante, della guerra e della pace. Intanto produce pace nel territorio in cui c’è, noi diremo segue l’iter della costituzione, dà rappresentanza agli interessi interni, elimina la guerra civile e l’altra cosa importante neutralizza la guerra civile mondiale. Cioè nella lotta fra sovranità c’è un’alternarsi di guerre e di patti, di patti e di guerre. E quindi non abbiamo un’anarchia della guerra. Infatti le sovranità si combattono ma si rispettano, questo è un aspetto importante, cosa che invece non accade nella guerra civile. Nella guerra civile non c’è rispetto, tanto è vero che le guerre civili in genere tendono ad ideologizzarsi, mentre nelle guerre sovrane per molti versi potevano essere anche ciniche ma raramente erano ideologiche, erano bottini, regolati, quindi uno poteva uscire più arricchito o meno arricchito. Ora la caratteristica fondamentale è che noi abbiamo una crisi della sovranità in termini di territorio accresciuta dai processi di globalizzazione di cui dicevo prima ma anche dalla modificazione della natura della guerra. La stessa natura della guerra, la butto lì, ma è un grande tema, con De Giovanni ne abbia discusso in altre occasioni, ma sostanzialmente nel ‘900, per la prima volta in modo radicale ed assoluto, noi abbiamo guerre combattute in nome di ideali universali, cioè non guerre fra territori, fra nazioni sovrane. C’è stata una contaminazione a lungo tra sovranità, che ancora esisteva, ma organizzazioni di questa sovranità non solo in base al territorio, anche in base al territorio, ma sopra tutto in base ad un’idea universale di mondo. Quindi noi abbiamo, sostanzialmente, nella guerra fredda un double face: gli USA oltre a se stessi sono la libertà contro la tirannia del comunismo, quindi la grande ideologizzazione del mondo.

E quindi la natura della guerra, inevitabilmente, non è più di una guerra che passa per patti e alleanze, una guerra di bottino, ma di una guerra strategica di lungo periodo, stop and go. Moduliamo i tempi ma per realizzare qualcosa di universale. Capite bene che da questo punto di vista, con caratteristiche diverse, la guerra infinita dello spazio terroristico cambia contesto ma l’idea è esportiamo la democrazia. Non c’è più quel provvidenziale cinismo che nella guerra, in fondo, ne limitava l’infinità. Come diceva il vecchio Aristotele, le guerre si fanno per la pace. La guerra era fatto di eccezione essa stessa, mentre in una situazione in cui il progetto non è più la difesa di un territorio ma l’esportazione di un valore, la guerra come tale non si può fare più.

Allora il primo grande problema, e questione da mettere sul tappeto. L’Europa in questo contesto tende a presentarsi come potenza civile, come una potenza che si assume in carico di diffondere nel mondo valori universali; si propone di essere non una potenza sovrana di guerra, ma una potenza che cerca nel mondo di sviluppare la cittadinanza universale. Un po’ il modello kantiano. Mentre alcuni dicono (modello Bush) “esportiamo la democrazia con la forza”, nella Costituzione europea, il discorso è perfettamente rovesciato: noi siamo una potenza civile che cerca di produrre una mentalità cosmopolita e di pace.

Leggo i primi articoli della Costituzione europea, obiettivi dell’Unione e voi vedete che c’è questo discorso qui:

-l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori ,ed il benessere dei suoi popoli

– l’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne e un mercato interno nel quale la concorrenza è libera e non è falsabile.

– l’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente, essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.

Questa non è una Costituzione. Non si scrivono così le Costituzioni. Le Costituzioni in genere sono brevi perché sono delle dinamiche di leggi fondamentali in base a cui si sviluppa una legislazione di fattispecie, culturale. Uno che legge qui ha un’immagine di una Europa che fa una costituzione per impostare un processo di evangelizzazione del  mondo. Ha più la caratteristica di un manifesto che di una Costituzione. Questo nasce per il fatto che l’Europa tende a costituzionalizzarsi in quello spazio che ho descritto prima, quindi è chiaro che in quello spazio la natura della costituzione non può essere più la vecchia costituzione. Noi siamo un territorio che nel mondo vuole sviluppare questo compito e centrare appunto in primo luogo la neutralizzazione della guerra, in uno spazio in cui la guerra è diventata globale, dove la guerra non è più guerra sovrana. Poi l’ambizione può fallire o non fallire, ma questo programma di pacificazione del mondo nasce dal fatto di constatare che il mondo ha ormai una guerra perpetua senza fine, dentro le nazioni e fuori delle nazioni. E il terrorismo nasce da questo, perché i blocchi ideologici già facevano guerre senza fine, però il canone ideologico era a suo modo un elemento di normatività C’erano i patti, ma dal momento che non c’è più il canone ideologico che era un macro elemento di normatività, le etnie e le singolarità hanno preso, ognuno la loro strada, la loro originalità.

Per dirla brevemente: non è che nei tempi passati della guerra fredda non ci fosse il terrorismo, ma erano le stesse grandi organizzazioni che lo provocavano, lo gestivano e avevano la possibilità di fermarlo. Oggi non esistono più potenze che sono nelle condizioni di poterlo fermare e di poterlo gestire. Si è verificata una caduta delle partnership. Allora, il fenomeno Islam si configura in questo punto di indeterminazione perchè il fenomeno Islam è un fenomeno dal punto di vista socio-politico, a differenza della Cina e dell’India, tribale. Perché la Cina e l’India in fondo erano unità statuali che sono cresciute. Qui noi avevamo stati carogna che contrattavano interessi con i gruppi più potenti e non creavano società. Quindi sostanzialmente questi sono stati spezzati dentro, o tenuti con una forte violenza come con Saddan, o una volta che tu fai saltare questa violenza coattiva, repressiva, immediatamente parte la guerra fra i clan.

Quindi lì non c’è sovranità per un’altra ragione: perché questi non conoscono il passaggio moderno della sovranità. Si tratta di Stati che non sono mai stati costituzionalizzati, anzi sono stati geograficamente inventati: la grandi potenze hanno costruito aree che si chiamano stati, ma non sono stati. L’Iran, l’Irak, sono invenzioni nazionali della tradizione geopolitica europea.. Quindi nel momento in cui le grandi potenze sono state ridimensionate questa geografia che loro hanno disegnato non ha funzionato più.

Allora quale sovranità, in una dimensione in cui le nazioni si sfaldano, le ideologie si dissolvono e la guerra diventa sconfinata perché tutto il mondo è un punto di guerra?  E’ chiaro che viene fuori una Costituzione che ha il carattere, almeno nei suoi fondamenti, di una predicazione. Si possono scrivere così le costituzioni? Qual è l’ordine di un’efficacia sul piano dei comportamenti organizzativi? Tanto è vero che è venuta fuori una costituzione mostruosa.

Altro punto importante che De Giovanni affronta in questo libro: le costituzioni in genere unificano sul territorio un popolo, il tema del demos. Tanto è vero che “hobbesianamente” sospendono la guerra civile. E quindi unificano un popolo. Tra l’altro l’unificazione avviene su una mitologia antecedente già unitaria che è quella delle grandi monarchie che erano state il corpo del re. Il corpo dello Stato nella grande tradizione medioevale era il corpo del re: il re era il capo e i cittadini erano il corpo del re. Con l’individualismo moderno e con il patto non c’è più il corpo del re, ma si fa corpo per evitare la morte. Tutti ricorderete l’iconografia famosa del Leviatano con le tante teste. Allora mentre nella tradizione monarchica di impianto divino il corpo era pensato vivente, intero, qui c’è il grande corpo artificiale, cioè sulla base della garanzia della vita. Allora non c’è il popolo come unità, però quanto meno c’è il patto e quindi i soggetti tutto sommato c’entrano.

Tra l’altro aggiungo di passaggio ma è molto importante per noi e per l’Europa, che la caratteristica del costituzionalismo moderno europeo è centrato fondamentalmente sullo stato di diritto che vuol dire l’ampiamento progressivo dei diritti soggettivi.

E nella storia del mondo la costellazione Europa nasce sotto questo segno: nessuna tradizione storica e politica ha sviluppato diritti soggettivi come la tradizione europea giusnaturalistica. I soggetti come singoli contano sempre di più, e così le loro preferenze, ecc. ecc. Da qui la partecipazione come forma di produzione della decisione politica, e la dimensione dello Stato come grande macchina organizzativa del consenso. Quindi la costituzione europea ha visto dentro la società civile, che è il demos.

Ma il demos europeo chi è se c’è l’intermediazione di Stati? Siamo in una generatio equivoca perché gli stati continuano ad accordarsi nella forma dei trattati, la costituzione invece vuole una unità che progressivamente riduca i trattati e produca una società europea complessiva. Come si fa? Come il cittadino può sentirsi europeo se non produce decisioni, se non per interposta persona? Allora qui direi che alcuni vantaggi ci sono. C è un tentativo di coordinamento a carattere teleologico: l’Europa non è qualcosa che c’è ma è un processo di volontà che parte da cooperazioni rafforzate su contesti diversi, infatti l’Europa ha alcuni poteri di giurisdizione su alcuni fattori, economici, finanziari, su cui puó può intervenire. Quindi da cooperazioni rafforzate a una struttura permanente che si allarga. Ecco il processo teleologico: deve essere voluta. Ecco noi oggi ci troviamo di fronte ad un gap fortissimo, perché non è voluta, e se non è voluta le cooperazioni rafforzate, che pure esistono se no ci sarebbe un blocco istituzionale, non divengono istituzioni permanenti.

E poi il tema della sussidiarietà che è molto importante, perchè nella sovra nazionalità è decisiva la sussidiarietà, cioè questo sovra-stato può intervenire presso gli Stati soltanto se questi non sono nelle condizioni di produrre diritto. Ma la globalizzazione pone questioni che non possono essere risolte a livello di stato. Quindi la sussidiarietà può essere valorizzata per principio ma nei fatti è contraddetta per le dimensioni, perché noi ci troviamo in una situazione singolare in generale nel mondo: fortissime cose positive però ingenti danni, grande microfisica, grande distribuzione, diritti soggettivi, ecc. ecc., però la natura dei problemi è ad alta complessità e se non prendi decisioni centralizzate, non funziona. Quindi noi abbiamo da un lato un grande bricolage e una grande frammentazione però per regolarla hai bisogno di decisioni ad alta centralità, perché altrimenti entri in una dimensione di indeterminazione. Questo è una tensione fortissima. Lo vediamo nelle politiche economiche. Un po’ come nei computer. Ognuno ha il suo PC però le leggi con cui si costruisce la macchina sono leggi generali. Quindi tu hai operazioni particolari però su schemi di comportamento generali, perché altrimenti non reggi.

L’altro punto in questione, e vado esaurendo il mio tipo di argomento che si collega alla nozione demos-costituzione, è appunto dal lato della costituzione il cosmopolitismo, dal lato del popolo il comunitarismo. De Giovanni pone questi due elementi. Allora il cosmopolitismo è costituito su norme e valori universali, l’abbiamo visto, e quindi il cosmopolitismo verso universalismo, e quindi fondamentalmente carta di principi, patriottismo costituzionale, cittadino del mondo, modello kantiano. Però l’obiezione che De Giovanni fa ad Habermas è che in questo modo ci può essere una postulazione di principi, però non prende il corpo sociale. Cioè, questo cittadino universale è un cittadino astratto, perché il problema è di fare vedere come un cittadino singolarmente si sente cittadino veramente.

Siamo di fronte ad una schizofrenia perché se probabilmente ci interroghiamo sui principi universali tutti siamo d’accordo. Ma in che senso io, un francese ed un inglese viviamo questi principi nella nostra vita quotidiana e produciamo alleanze fra di noi su questo? Questo diventa un discorso complesso. L’Europa tende a praticare forme di vita equivalenti, ma le possiamo definire europee? La società dei consumi come modello di comportamento generalizzato non è la moralizzazione del mondo che sta arrivando anche in Cina? Allora da quale punto di vista della vita quotidiana noi siamo europei? Fino a che punto il grande patrimonio ideale ecc. ecc.  permea per la nostra vita? O in effetti abbiamo un’astrazione sempre più periferica di cittadinanza più generale e invece nella comunità siamo o particolaristi, oppure facciamo parte del grande mercato mondiale. Allora anche qui il comunitarismo rischia il localismo, il cosmopolitismo rischia l’astrazione. Come si fa a fare diventare l’astrazione comunità e la comunità generalità? Questo è importante per scrivere la costituzione.

Detto questo resta il doppio problema con cui si conclude questo discorso: l’area della decisione, su cui molto mi sono soffermato, e poi l’Europa, se vogliamo essere ottimisti su questo tipo di discorso, come una situazione sperimentale. Io oggi la vedo ad un tasso forte di determinazione. Però ritengo che il processo è irreversibile. Non è detto che riesca bene, può venire qualcosa di abortivo, confrontando le cose grandi e immani con le cose piccole è come il Partito Democratico, probabilmente si farà ma può essere un aborto. L’Europa nello spazio della geopolitica che ho indicato o si fa o noi diventiamo una colonia di potenze altre. Quindi c’è una forza delle cose però può venire male.

E qui il discorso Stati-Europa, e concludo in termini di geopolitica, secondo me si deve coniugare a qualcosa di più grande che già ha di tracciato: cioè nella fine del bipolarismo, oggi noi abbiamo grandi aree nel mondo, grandi spazi continentali che tendono a diventare omogenei: abbiamo il grande spazio asiatico, il grande spazio russo, il grande spazio americano, nord America, il grande spazio sudamericano, uno spazio con un grande punto interrogativo perché, lo dico con grande dolore, lo spazio africano che in questo momento è in uno stato di sfacelo, un continente di puro sfruttamento, è lo spazio comune.

Evidentemente, come la Costituzione europea è sotto-determinata rispetto alle storie nazionali, l’ONU è sotto determinata rispetto a questa geopolitica. Ci può essere una rappresentanza mondiale? Non credo. Ecco allora noi dobbiamo pensare all’Europa come una grande macro area nello spazio del mondo. Se la si pensa in questi termini probabilmente è un’accelerazione in più. Se noi pensiamo l’Europa dal punto di vista degli Stati da cui proviene e che la devono formare abbiamo fatto un grandissimo rallentamento. Se la pensiamo negli spazi geopolitici del mondo, i più grandi del mondo, allora in questo caso probabilmente avremo un processo accelerativo e se l’Europa si guarda dal piccolo si va a rilento, se la si guarda dalla geopolitica probabilmente qualche chance per costruirsi l’avrà.

Queste sono le cose che dice De Giovanni, qualche domanda mescolando esposizione e problematizazione l’ho fatta e cedo la parola a De Giovanni.

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