Ritorno a Monte Sole. Attualità e autenticità di Don Giuseppe Dossetti.

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Ritratto-DossettiDi Francesco Lauria.
Pubblicato da Conquiste del lavoro il 27 ottobre 2012

Un’estate più lunga e calda dell’usuale ha accompagnato quest’anno chi si è incamminato verso Monte Sole. Alla fine di settembre, di solito, l’estate comincia a cedere il passo all’autunno e questa stagione di mezzo accoglie chi, in occasione dell’anniversario dell’eccidio nazista delle comunità martiri del Setta e del Reno, ripercorre sentieri che sono insieme dolore e memoria, ricerca di pace e di fede.

I tragici eventi avvenuti, alla fine di settembre del 1944, presso la chiesa e il cimitero di Casaglia, l’asilo di Ceprano e i luoghi limitrofi colpiscono per la ferocia cieca che trucidò, tra le vittime, centinaia di donne e bambini inermi, anche piccolissimi. Vi trovò la morte, ai piedi dell’altare, anche Don Ubaldo Marchioni, il sacerdote della comunità, tanto che la pisside che aveva con sé nel giorno dell’eccidio, forata dai proiettili e ritrovata decenni dopo, è divenuta uno dei simboli di questi luoghi e di quei terribili giorni.

E’ questo il territorio in cui, nei primi ottanta, Don Giuseppe Dossetti, in accordo con la diocesi di Bologna, insediò la comunità di monaci e monache da lui guidata: la Piccola Famiglia dell’Annunziata. Una comunità di fede e resistenza, che lanciasse un segnale di pace laddove la furia omicida nazista aveva operato la “negazione radicale di ogni umanità” e che Dossetti scelse di abitare attraverso la vita nella preghiera, in mezzo a querce che, come scrisse don Luciano Gherardi “si piegano come salici nel cuore delle rocce”.

Ritornare a Monte Sole, camminare in questi luoghi, incontrare monaci e monache che continuano la sua opera significa anche, alla vigilia del centenario della sua nascita, ritornare all’autentico Dossetti. Tornare a Don Giuseppe – così lo chiamano, quando li incontro, Paolo Barabino e Luca Daolio – due monaci della piccola comunità, una ventina tra fratelli e sorelle – tuttora presente anche in Giordania e Palestina. E così torna alla mente una frase di Dossetti che segna il senso di tutta una conversazione: «˘Io sono convinto che devo seminare e non mietere, non preoccuparmi del risultato né di mietere – vivere di fede.»

“La Comunità – spiega fratel Paolo, genovese di origine, a Montesole dal 1991 – ha da poco iniziato una serie di incontri di memoria e presentazione della figura di Dossetti, in occasione dell’imminente centenario. Momenti di confronto che nascono dalla volontà di far conoscere in maniera autentica una figura ricchissima, come quella di Dossetti, troppo spesso raccontata in maniera stereotipata e superficiale. “Ciò che interessa alla comunità – spiega il monaco – è mettere a fuoco alcuni temi legati al nostro fondatore, in primis il ruolo della parola di Dio nella Chiesa e la dimensione comunitaria e monastica. Una comunità che si radica in una vita di preghiera e di intercessione per il mondo, attenta alle traversie degli uomini, inserita nella chiesa e nel territorio; una comunità costituita non solo da monaci, ma anche da laici, da sposi consacrati, e con l’apertura anche a mondi e a realtà non cristiane.”

La regola della comunità fu predisposta da Dossetti fin dagli anni cinquanta (nel 1955 egli scrive un testo chiamato “ piccola regola” contenente norme e principi spirituali per ordinare una vita religiosa) ed è seguita non solo a Montesole, ma in una decina di comunità di diversa estrazione sparse per il Paese. “Il monachesimo di Dossetti – spiega Paolo – ha alcuni tratti caratteristici e la compresenza di diversi carismi: una vita di preghiera centrata sull’Eucarestia e sulla parola di Dio, una povertà pensata come intrinseca alle esigenze del vangelo, una vita sobria e, nella preghiera, una lettura continua della Bibbia, segnata dall’inserimento nella chiesa locale, senza alcuna creazione di mondi separati. Vi sono poi le peculiarità delle diverse comunità che si ispirano alla regola di Dossetti, si pensi, ad esempio, all’accompagnamento degliammalati, all’uomo che soffre e che di fronte a una malattia grave o alla morte si apre a un orizzonte spirituale prima spesso ignoto.”

Le celebrazioni culmineranno il 9 febbraio 2013 con un incontro che metterà in rapporto l’Eucarestia con il “mondo”: la Storia, le culture, le diverse esperienze di una società pluralista. E’ un’Eucarestia che non rimane intima dentro alle mura di un monastero, ma si irradia all’esterno.

Ma qual è la vera attualità di Don Giuseppe Dossetti, anche al di là del “dossettismo”, vista da dentro la Comunità di Montesole? Fratel Luca, mantovano di origine, in comunità con Dossetti fin dal 1986 e che spesso lo ha accompagnato anche nelle sedi della comunità nel Medio-Oriente risponde così: “Tutti i temi che don Giuseppe ha toccato, in particolare negli ultimi anni della sua vita, una volta uscito dal “silenzio”, rimangono molto attuali. Anche per noi monaci è importante chiederci che cosa rimane di tutta la sua vicenda umana e di fede.

Dal punto di vista ecclesiale uno degli aspetti più interessanti e utili per l’oggi è la riflessione su come si forma una coscienza cristiana e come essa possa alimentarsi per testimoniare la fede nelle situazioni concrete. E’ chiaro che il contesto di attuale è diverso da quello in cui Dossetti ha operato, ma ci sono anche tratti comuni. Don Giuseppe ha sempre rifuggito e messo in guardia rispetto alle grandi aggregazioni anche cattoliche. In una delle sue omelie, pronunciata in occasione della professione del nostro fratello Giovanni, all’indomani della disfatta della DC, ammoniva a non a cercare di ricompattare il mondo cristiano secondo i modelli ereditati nel recente passato.

Dossetti ricordava come la vita, anche pubblica, del cristiano avesse bisogno di ritrovare il nocciolo duro della fede e di ricompattarsi intorno ad esso, alle sue sorgenti che sono la parola di Dio e l’Eucarestia.” Una riaggregazione del mondo cristiano, dunque per Dossetti, non va cercata tanto nelle forme ideologiche e nelle formazioni anche ecclesiali che hanno caratterizzato la vita della Chiesa in questi ultimi decenni, ma nel ricompattarsi verso la sorgente eucaristica. Ciò comporta – continua Padre Luca – un lavoro di formazione continuo e una duplice prospettiva: da una parte la parola di Dio e l’Eucarestia, dall’altro una parola di Dio riscoperta nella Storia, perché Dio agisce nella Storia e la Storia va interrogata su come Dio porta avanti il proprio piano di salvezza per tutti gli uomini.

Queste due sorgenti, la parola di Dio e la Storia – continua il monaco – devono, per don Giuseppe, poter convivere in un rapporto dinamico. Egli, pochi mesi prima di morire, in una breve meditazione rivolta ai preti di Foggia invitava a leggere ogni giorno una pagina del Vangelo e una pagina della Storia.” In questa sintesi la coscienza cristiana si forma e trova gli elementi fondamentali non per riaggregarsi in termini meramente organizzativi, ma ritrova i contenuti e le piste di ricerca per dare una risposta ai problemi che sono sul tappeto.

Nel discorso pronunciato a Pordenone, nel 1994, Dossetti passava in rassegna questioni su cui si continua a dibattere: dall’omosessualità, alle coppie di fatto, al fine vita. Non dava soluzioni ma diceva che ci si deve impegnare a cercare una luce cristiana su questi temi sempre più presenti”. Dossetti non prospettava l’affermarsi di un pensiero cristiano in termini egemonici,
ma la necessità di elaborare un pensiero teologico all’altezza dei problemi e delle esigenze della fede, tornando alle fonti della salvezza, anche attraverso lo sganciamento dai poteri che lo hanno sorretto fino ad ora.

Solo così – per Dossetti – si sarebbero potute trovare risposte veramente adeguate e convincenti, non semplicemente la mera applicazione di una dottrina. “In tutto ciò – continua Luca – l’elemento semplice e attuale è il pensare ad una vita di comunità che si stringe attorno ad una lettura continua della Bibbia, attraverso una celebrazione realmente comunitaria dei misteri e agganciata alla storia della salvezza. Un vivere dove è automaticamente più genuino anche il rapporto con la gerarchia, cercando sempre una comunione ecclesiale vera.”

Un approccio che permette di accomunare Dossetti ad un’altra grande figura della Chiesa italiana, recentemente scomparsa, il cardinale Carlo Maria Martini… Paolo mi risponde ricordando il celebre biglietto di auguri che Dossetti scrisse a Martini quando entrò nella Diocesi di Milano : “porta il Vangelo e solo il Vangelo”. Un biglietto molto caro allo stesso Martini, testimonianza di un tratto che li accomunava. “L’esperienza di Martini – ricorda Paolo – per tanti versi e con la sua luce autonoma, è stata vissuta in grande comunione con don Giuseppe. La figura di Martini in un certo senso illumina la forza dinamica della possibilità di una Chiesa che vive nella parola di Dio e parla a tutti della parola di Dio. E’ uno dei contributi di Dossetti e Martini al tessuto comune della vita ecclesiale italiana e non solo.”

Ma come si intreccia il centenario della nascita di Dossetti con il cinquantenario del Concilio Vaticano II? Fratel Luca riprende ancora il discorso di Pordenone. Dossetti afferma : “più vado avanti e più mi convinco che il volto vero della Chiesa non sta nello scheletro.” Lo scheletro, certo, è importante in un corpo perché lo sostiene. Così nella Chiesa sono importanti le dimensioni giuridiche e gerarchiche, ma Dossetti antepone ad esse la Chiesa come corpo vivente, non solo ossa ma carne e volto, un corpo animato dallo Spirito che attinge alla parola di Dio. Un argomento da lui molto amato è l’allargamento della responsabilità della vita della Chiesa a tutto il popolo di Dio, uno dei grandi temi del Concilio.

La vita della Chiesa è una responsabilità che ha il cuore nella propria condivisione e aggiornamento. E’ il grande contributo di papa Giovanni XXIII : la riscoperta dalla vita cristiana come vita battesimale che si esplica in tutti e in modo pieno nella vocazione comune alla santità.”

Una grande spinta al ruolo dei laici nella Chiesa fu data da Dossetti attraverso la valorizzazione, a partire dalla sua comunità, del diaconato… “Don Giuseppe – risponde padre Luca – lavorò moltissimo perché l’innovazione conciliare del diaconato non rimanesse inattuata. Alcune riflessioni di Dossetti sul diaconato sono ancora attualissime ed erano tra l’altro molto apprezzate da Martini.”

E’ l’idea di una Chiesa che si alimenta alla sorgente e che, attraverso i ministeri, è presente nella realtà del mondo portando una presenza diffusa di santificazione. Il diaconato, proprio per la sua duplice appartenenza, da una parte alla Chiesa gerarchica dall’altra al sacramento del matrimonio, era visto da Dossetti come un luogo privilegiato. Questo incontro tra la vita cristiana nella sua sorgente spirituale è più vicina, più attinente al cuore dell’Eucarestia e alla realtà del lavoro.

C’è una frase – ricorda Luca nella “Coscienza del Fine”, un testo che raccoglie gli appunti spirituali di Dossetti, che ci ricorda : ‹‹il desiderio di versare nella realtà del lavoro, nella realtà della vita quotidiana quello che è stato assunto nella vita di preghiera››. Non è, come è stato erroneamente letto, un messaggio integralista, tutt’altro. E’ immettere nel contesto della vita, così com’è nella Storia della comunità umana, la dimensione della vita religiosa, della vita cristiana nella sua genuinità più radicale.”

Come avete vissuto in Comunità, la ripresa della scena pubblica di Dossetti in difesa della Costituzione italiana? Ne rimaneste sorpresi, ne avete discusso insieme? Risponde ancora Padre Luca: “il suo apporto alla Costituente rimane un punto di riferimento che può rivestire ancora una grande attualità. Parlando ai giovani modenesi nel 1993 Dossetti arriva ad affermare : “Se fallisce il Vangelo, c’è la Costituzione”. Nella Costituzione la sua generazione ha compiuto lo sforzo di porre un sistema di valori, un sistema di relazioni che effettivamente potessero favorire, la crescita di una dimensione politica di democrazia compiuta, adottando un metodo di lavoro plurale e condiviso che potesse accompagnare anche le generazioni successive. Tutto ciò rimane di grande attualità oggi, in una società sempre più segnata da approcci lontani dalla fede cristiana: è un sentiero su cui ripensare la possibilità di ricostruire un tessuto sociale capace di aggregare le persone e di chiamarle ad un impegno comune.”

Fratel Paolo ricorda invece il celebre discorso di Dossetti, in memoria di Lazzati: “Sentinella cosa resta della notte?”. In quel discorso il monaco reggiano insiste sul ritorno all’interiorità. Ciò che serve oggi nella vita cristiana, per Dossetti, è la vita vissuta a partire dalla spiritualità per incontrare la società ed uscire dal degrado. Occorre anche un “lavoro politico” per ritrovare le motivazioni, i valori che permettono una vita civile nella polis.

Il monaco ricorda l’attenzione, sempre forte in particolare nell’ultimo Dossetti, alla condivisione e alla solidarietà, all’unità tra Nord e Sud del paese, contro ogni individualismo razzista o economico. C’è poi il tema, sviluppato nella conversazione con la redazione della rivista “Bailamme”, dellaì formazione e del ruolo dei giovani. Nell’intervista egli invita a “raccogliere delle giovani menti che si pongano il problema di come si devono affrontare le grandi questioni sociali e i conflitti in società plurali e multireligiose come quelle di oggi.” Dossetti non credeva in una politica che escludesse i giovani e che non affrontasse i tempi nuovi, proseguendo solo per inerzia, pur in fasi di grande cambiamento.

Rimane la curiosità di poter ascoltare il racconto di come fu vissuta, dal di dentro, la nuova radicale scelta di impegno di Dossetti negli ultimi anni della sua vita… Risponde, con sincerità, fratel Luca: “noi due l’abbiamo vissuta con molto entusiasmo, ma in comunità ci sono state entrambe le reazioni, c’è chi ha fatto molta fatica a comprendere questo intervento di don Giuseppe sulla situazione storica emergente e rispetto alla quale lui aveva avuto un ruolo di primo piano nei decenni precedenti. Ci furono monaci che discussero con lui da posizioni diverse e altri che vissero questa fase ritenendola, invece, perfettamente coerente.

Era un momento storico della nostra vita civile e politica rispetto al quale si sentiva che don Giuseppe poteva avere, proprio per sua esperienza e testimonianza personale, una parola importante da dire. Il suo messaggio di fedeltà e di corretta interpretazione della Costituzione, va ricordato, non gli impedì, si pensi al discorso pronunciato presso l’Università di Parma nel 1995, di indicare anche vie di riforma rispetto al testo costituzionale.”

Un’ultima riflessione può essere fatta sul rapporto di Dossetti con Montesole, con questi luoghi e con il messaggio di pace portato avanti, ad esempio, prendendo fortemente le distanze dalla prima Guerra del Golfo. Luca ricorda due testi usciti da poco, proprio sul rapporto tra Dossetti e Montesole. Il libro di Alberto Mandreoli, intitolato “Chi resta saldo” e una tesi di laurea sull’introduzione di Dossetti al libro di Luciano Gherardi: “Le querce di Montesole”. In particolare in quest’ultimo testo si affronta il tema dell’olocausto di Israele e lo si rapporta, certo con le dovute differenziazioni, all’eccidio avvenuto in questi luoghi. “Dossetti era legatissimo a queste terre – ricorda Luca – tanto che ha chiesto di essere sepolto qui. Vedeva in questo luogo una sintesi di tutta la sua vita.

Nel libro “Parole e silenzio”, nei testi “L’ultima dimora” e “Da qui a Monte Sole”, ci sono tutti gli elementi: cercare un luogo in cui, immettendosi sulla scia dei piccoli e della povera gente che ha dato la vita, imparare la via di una presenza di mitezza che interroga la fede anche in rapporto ad un momento storico così tragico. Un interrogativo che porta a trovare la consistenza della vita proprio nell’atto di fede testimoniato con la semplicità, l’impegno per la pace e per l’unità.

Il vero fulcro per Dossetti è stato quello di porre realmente al centro l’unità della famiglia del genere umano, un grande valore rispetto al quale tutte le singole posizioni devono rapportarsi. Un orizzonte ancora lungo da percorrere, ma in cui lui credeva intensamente ricercando, nella vita quotidiana, le basi interiori più profonde per raggiungerlo.

” Due sono i testi, appena usciti, che accompagnano la discesa da Montesole, un ritorno alla quotidianità illuminato dal grande monaco emiliano: “Giuseppe Dossetti”, di Fabrizio Mandreoli, edito dalla casa editrice Il Margine e “Il vangelo nella storia. Conversazioni 1993-1995” contenente gli ultimi interventi pubblici, edito da Edizioni Paoline. Ma non va dimenticato anche un più datato, ma prezioso contributo di Edizioni Lavoro, la casa editrice della Cisl: la raccolta degli interventi sulla Costituzione, intitolata: “Giuseppe Dossetti,. La Costituzione, le radici, i valori, le riforme.

Ritorno a Monte Sole. Attualità e autenticità di Don Giuseppe Dossetti. Di Francesco Lauria. Pubblicato da Conquiste del lavoro il 27 ottobre 2012

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