Riflessioni di inizio estate, di Marco Negroni

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Che ci fa un cinquantenne davanti a una tastiera di computer, dopo aver lavorato per 9 ore al computer? Non lo so, ma ho voglia di dire tante cose su di me, sul mio lavoro, sul momento storico che stiamo vivendo, sui colleghi, i capi ecc. Ma forse è solo un modo per sfogare una tensione che si e accumulata in questo periodo.

Le torri che ci condizionano un po’ tutti da quell’ 11 settembre,  quando tre aerei si sono schiantati. Per molti di noi il mondo e’ cambiato quel giorno, ma io credo che il mondo fosse cambiato da anni e noi non ce ne rendevamo conto. Inconsciamente volevamo che cambiasse, ma non per noi, per il nostro mondo piccolo borghese. Alcuni a questo punto si scandalizzeranno e diranno un forte no. No, Marco, il nostro mondo non è piccolo borghese, noi non siamo ricchi, non apparteniamo a quel mondo.

Scopriamo subito cosa vuol dire per me borghese. Non è una classe sociale, come lo era negli anni 60-80, è un modo di porsi davanti al cambiamento, per cui ci teniamo ben stretti le nostre sicurezze, abbiamo paura del nuovo.

Quando è caduto il muro di Berlino, eravamo tutti a festeggiare l’evento. Solo i più attenti osservatori ci dicevano: piano a festeggiare, dobbiamo prima di tutto vedere quanto l’unificazione della Germania avrebbe condizionato il cammino dell’unificazione dell’Europa.

Quindici anni dopo abbiamo unificato, ma l’Europa dov’è? Io ero molto fiducioso nell’Europa. Mi ricordo che alle prime elezione europee il PCI superò per la prima volta il PSI, in sezione erano tutti contenti, brindavano con Martini, balli e canti. Io ero li. Mi ricordo bene che ho subito notato che noi (PCI) avevamo tenuto i numeri dell’elezione precedenti invece era il PSI che aveva avuto un crollo. Parlando a livello calcistico: non mi piace vincere solo per demerito dell’avversario. Qualcuno mi dirà che la vittoria  è vittoria, ma vincere 3 a 0 con due rigori e un autogol non mi sembra il massimo.

Oggi il mondo si non ha più due padroni ma ne ha uno solo, per di più ferito, e, come tutti sanno, il leone ferito è più pericoloso.

Mi ricordo molto bene che quando Toni Blair ha vinto le elezioni in Inghilterra, eravamo molto contenti, ma forse non ci aspettavamo una Teacher con i pantaloni e per di più in un altro partito. Oggi l’Inghilterra è la portaerei degli Stati Uniti che hanno in Europa. L’Inghilterra ha combattuto l’euro perché un’Europa forte danneggia gli Stati Uniti. Il momento è brutto. In Italia da 5 anni la sinistra è morta, l’Ulivo  è seccato, Prodi mandato in Europa a fare il Capo ufficio di un ufficio che non ha poteri. L’abbiamo visto a Genova alla riunione dei 7+1 (Berlusconi) padrone di casa, invitato solo perché portava i fiori dove c’erano Francia Inghilterra e Germania. Mancava l’Europa. Anche l’Onu non era presente. Dicevo dove è la sinistra. Me lo  chiedevo 4 giorni fa,  quando Maroni ha voluto appiopparsi la delega sul lavoro. In Pirelli neanche un volantino. Ricordo che per molto meno sono caduti governi.

Sono qui solo, alle 22-30 di sabato, ho 51 anni a dicembre, due settimane fa ho accompagnato al cimitero l’unica figlia ventitreenne di un mio collega. Andava in giro in macchina, ad una curva un’altra auto l’ha urtata. Tre morti. Mario mi dice: tu Marco soffri, lo puoi dire magari a fatica, ma vivi, mia figlia, bella, con tutta la vita davanti, è sotto terra.

Ho vinto tante battaglie ma mai una guerra. Lo so che la vita non e’ facile per nessuno, ma in questi momenti mi trovo solo, davanti al pc, collegato virtualmente con tutto il mondo ma sempre solo.

Anni di lotte, io ero sempre in mezzo, dovevo farmi conoscere. Clorinda, Stefania, Laura Airaghi, Laura Orsini, Sara: nomi importantissimi per me in questo momento. Ma Negroni Marco per chi e’ importante.

La solitudine è diventata molto pesante, io mi muovo meno di prima, ho bisogno degli altri, ma gli altri non hanno bisogno di me. Per molti anni ho continuato a dire che gli handicappati sono come gli altri. Forse era vero. Credevo veramente che la vita di un handicappato fosse, si, magari  difficile, ma nella media. Le difficoltà le trovano anche gli altri. Mi ricordo uno degli esempi che per anni portavo sempre per dialogare. Vedete noi siamo qui sotto Natale in Val di Fassa, dove la maggior parte della gente scia. Io che non scio mi sento diverso, attorniato da sciatori.

Ecco, immaginiamo che l’anno venturo, invece di venire qui, si andasse tutti nel Burundi. Gli sciatori che in Val di Fassa erano la normalità, dove la metteranno questa normalità nel Burundi?

Si, questi ragionamenti possono  anche colpire, ma oggi non li dico più perché mi sento solo, inutile, magari per alcuni (pochi) anche simpatico, ma troppo solo. Sono stanco di aver bisogno degli altri, ho voglia che qualcuna avesse bisogno di me.

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